IL NUOVO NELL`ANTICO (testo conferenza di I. Mendaro Corsini)

“IL NUOVO NELL`ANTICO” testo della conferenza dell’architetto Ignacio Mendaro Corsini

 

Credo che in tutti i progetti ci sono due variabili fondamentali

La prima, che abbiamo chiamato il LUOGO, IL CONTESTO…
La seconda è il suggerimento della FUNZIONE…

Queste due componenti sono i dati chiarissimi che CI segnano un percorso sicuro, e che mischiate con le nostre ossessioni, fanno la nostra architettura.

L`análisi della funzione, e del luogo, è fondamentale.

Questa análisi contiene i dati per la architettura.
Che alla fine è quello che cerchiamo.

Racconterò …

la risposta al luogo del Palazzo dei Congressi di tarragona e l`archivio di toledo.

01. Palacio de Congresos en Tarragona.

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La domanda del luogo cerca di rispettare e risolvere il problema urbano Della città, la architettura doveva occupare una cava di pietra esistente facendo città ma senza manifestarsi.

La sua copertura doveva essere transitabile e essere capace di collegare il salto topografico di 20 metri tra due parti differenti della città.

L’ esistenza di un parcheggio doveva essere assorbito come proprio dal palazzo,

La funzione ci suggerisce uno spazio statico.

Il Ricordo di ROMA e l`OSSESIONE PER LO SPAZIO PROVOCA LA FOLLIA DEGLI ARCHI, che sistematicamente si appoggiano sulle pareti della cava.

Il materiale: sempre il MATTONE

E LA FORZA DELLA PIETRA DEVE RIMANERE.

02. Il Claustro del Palazo Ducale di Medinaceli

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Una picola citadina en el centro de la españa, ciudad protegida de origen romano, un palacio ducal abandonado, con un claustro renacentista del 1600 apunto de la ruina, se elige mantener la piedra degradada y sujetarla con una losa de hormigón de color que reparte la carga.
Todo queda preparado para una terminación posterior.
La vejez de la piedra es un valor añadido que no debe perderse

03. archivio en Toledo

 

 

 

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La distruzione di una parte di un convento lascia uno spazio aperto che deve riscostruirsi.
La ossesione è valorizzare lo spazio nei percorsi e nella permanenza.
… E LA VOLONTÀ DI DARE AL CAOS UN ORDINE DI FONDO.

Il muro come invariante Della architettura conventuale e difensiva di toledo, si trasforma in trasparenze suggerenti verso spazi interni,
e si costruisce di cemento perchè è resistente, e si manifesta del colore di toledo, perchè è verità e non si vergogna.
Si preoccupa di valorizzare quello che è importante della immagine della chiesa e manifestarsi come un basamento con trasparenze suggerenti.

04. Un deposito dell`Acqua en Coria

 

 

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Nella campagna vergine un intervento ISOLATO, piccolo ma significativo.
Si trata di un deposito dell`acqua che deve stare 30 metri dal suolo.
Dopo aver preso in considerazione la posibile componente scultorica di un deposito, abbiamo deciso eliminare il capriccio e lasciare che la logica industriale configurasse l`architettura.

Ignacio Mendaro Corsini, Roma, gennaio, 2012

IL NUOVO NELL’ANTICO: conferenza dell’architetto Ignacio Mendaro Corsini

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Dipartimento di Architettura e Progetto
Laboratorio di lettura e progetto dell ’architettura
Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura e della Citta’
Laboratorio di Progettazione 3 Prof. G.Strappa

IL NUOVO NELL’ANTICO
conferenza dell’architetto Ignacio Mendaro Corsini

Introduce: Piero Ostilio Rossi (direttore DIAP)
Presentano:
Giuseppe Strappa
Lucio Altarelli

lunedì 16 gennaio 2012 h.15,00
Aula Fiorentino,Facoltà di
Architettura,sede di Valle Giulia
via A.Gramsci 53, Roma

Segreteria:Pina Ciotoli,Virginia Stampete,Alessandro Bruccoleri,Endriol Doko,Silvia Uras,Antonio Deretta,Stefania Virtu’

Organizzazione:
Alessandro Camiz
lpa@uniroma1.it
06 49919133
http://w3.uniroma1.it/lpa

PROTEGGERE I MONUMENTI. UN’IDEA DI RECINTO

 

G. STRAPPA

IN «CORRIERE DELLA SERA» DEL 15.02.2004

Si torna a proporre, anche su queste pagine con un bell’articolo del prof. Mario Sanfilippo, l’uso delle recinzioni per proteggere i nostri monumenti. L’argomento portato a sostegno delle cancellate è lo stesso da almeno un decennio: la loro presenza “storicizzata” nell’Ottocento, come nel caso esemplare del Pantheon.

Dando per scontato che in alcuni casi le recinzioni sono necessarie (per le emergenze, per i parchi, per le aree archeologiche), la volontà di difendere il singolo monumento contro la malvagità degli uomini, asserragliandolo in un museo a scala urbana, a me sembra un’utopia burocratica e vagamente folle.

Proprio le cancellate ottocentesche ne forniscono la dimostrazione. Esse rappresentavano la coerente conclusione di un processo di isolamento che tentava di abolire il passaggio del tempo, di restituire una forma originale del monumento astratta e mitizzata, depurata dalle incrostazioni della storia. Lo stesso pavimento del pronao del Pantheon, che ha destato tanta ansia di protezione, è stato messo in opera, nessuno sembra ricordarlo, nel 1885 (in sostituzione di un altro in mattoni, pure moderno) all’interno di un piano di restituzione delle forme antiche iniziato con la dolorosa demolizione delle trasformazioni barocche, dei campanili costruiti da Bernini, delle case medievali che vi si addossavano. Interrompendo così il rapporto con il tessuto nel quale il monumento era amorevolmente accolto e deformando il senso unificante dello spazio, cavo e glorioso, intorno al quale si avvolgeva la vita della città.

Dell’idea ottocentesca di monumento, marmorea e sepolcrale, le cancellate costituivano, dunque, l’esatta espressione simbolica.

Da allora la nozione di bene architettonico è molto cambiata: è divenuta dilatata e molteplice, si è estesa all’intero ambiente storico perché, soprattutto a Roma, il senso delle forme degli edifici risiede nel loro carattere di organismo, nella relazione tra membra della costruzione e città, nel flusso della vita che vi scorre.

Ma è cambiata, soprattutto, la scala dei problemi e con essa la nostra idea di tutela.

Prima della guerra, ad esempio, non esistevano danni dovuti alle polveri e ai gas prodotti dalla combustione di migliaia di motori, all’acido solforico che oggi trasforma, si è scoperto, interi strati di pietra in gesso. Un processo che si va accelerando e che rischia di distruggere in pochi decenni monumenti pure sopravvissuti a secoli di oltraggi.

Cambia così, parallelamente al territorio da proteggere, l’idea di recinto.

E si pone, con drammatica urgenza, la necessità di un progetto che affronti le cause (non gli effetti) dei problemi, che impieghi, alla scala urbana, nuovi recinti e nuovi limiti: alla pressione del traffico, del commercio incontrollato, delle trasformazioni edilizie, di un turismo aggressivo e volgare che guarda il Colosseo con gli occhi di Russell Crowe e trasforma il tessuto antico in un solo, grande locale per divertimenti. Con l’inevitabile indotto di rifiuti che invadono il pronao del Pantheon come in ogni altro angolo del nostro centro storico.

Il Lotto 24 alla Garbatella

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di Giuseppe Strappa

in “La Repubblica” del 4 marzo 1992
E’ il settembre del 1929. I   giornalisti stranieri giunti a Roma per il  XII Congresso internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori vengono scorazzati, con la cura che la propaganda impone, a visitare i nuovi quartieri popolari costruiti dal regime. Le loro corrispondenze, tranne qualche cenno alla correttezza costruttiva delle opere, lamentano   invariabilmente  lo stato di desolante arretratezza dell’edilizia economica romana. Joseph Gantner, dell’autorevole “Frankfurter Zeitung”,  è in prima fila tra quanti  ironizzano   sui  goffi tentativi  di nobilitare il tema della casa a basso costo  con strumenti  eccessivi,  apparati decorativi ridondanti, col risultato  che alcune abitazioni economiche sembrano  ministeri, altre potrebbero essere state costruite “da Borromini per un cardinale” ,
E’ comprensibile dunque il loro stupore  quando vedono   apparire sul Lotto 24 della  Garbatella, tra gli stralunati palazzetti neobarocchi sparsi nella campagna ancora coltivata, un piccolo quartiere dalle forme semplicissime,  una famiglia di volumi silenziosi  appena increspati da poche allusioni  alla vocazione rurale del luogo : qualche  alto comignolo, qualche  bugnato  in tufo o mattone,  gli sporti dei tetti, familiari e paterni, che danno ombra su nitidi piani ad intonaco.
La sorpresa è generale. Gli articoli cambiano tono: cominciano a riportare con ammirazione il “luminoso esempio di costruzioni moderne e razionali” parlano di “un raggio di luce nell’uniforme monotonia degli edifici” dove le costruzioni testimoniano il nuovo impulso verso “un chiaro, deciso, non sentimentale modo di costruire”.
Le  case innovative del Lotto 24 erano  il risultato di una competizione che aveva visto  associati alcuni tra i migliori giovani architetti romani (Aschieri, De Renzi, Cancellotti, Vietti, Marchi, Marconi) ad altrettante imprese di costruzione per partecipare ad un concorso “costruito” . I progetti delle abitazioni ,il cui costo  era stabilito in partenza,   non dovevano cioè essere giudicati sulla carta, ma  dal vero  e le costruzioni, in seguito,  abitate stabilmente. Il bando prevedeva case “ad alloggi sovrapposti” con  accesso diretto dalla strada, secondo una formula di protezione dell’intimità domestica che oggi si va riscoprendo un po’ dovunque, soprattutto nei nuovi quarteri della banlieue parigina. Se il  termine avesse ancora qualche  senso , le tredici  case prodotte dal concorso del ’29 potrebbero essere definite un modello di architettura moderna.
Erano costruzioni di una razionalità solare, latina , che poco aveva in comune con le contemporanee ricerche, un po’ lugubri ed ostentatamente dimostrative, del celebrato razionalismo tedesco. Lontanissime dallo spirito dell’ existenzminimum , da quell’ansia di trovare la superficie minima abitabile che sembrava la panacea dei problemi della penuria di alloggi . Vi dominava, invece,  l’idea di una modernità paradossalmente intesa  come ritorno, come recupero di  antiche  leggi  di semplicità compositiva. Ne sono  esempi cristallini  le case  di Mario De Renzi, costruite all’angolo tra via delle Sette Chiese e via Borri ,o le nitide abitazioni  di Gino Cancellotti ,al centro del lotto triangolare,  dove il rigore dell’impianto  non deriva dall’adeguamento della forma alla funzione, ma dalla limpida  poesia di una geometria  quasi palladiana.
Fu un giornalista  del “Deutsch  Bauzeitung” ad accorgersi di un altro carattere originale  dell’architettura romana che queste case testimoniavano: egli notava come tra i giovani  italiani fosse sconosciuto il personalismo cumune agli architetti tedeschi, come essi rifuggissero dai manifesti: “Qui è la forza della tradizione  che da al quadro urbano un’energia  che è affatto caratteristica”. Una modernità non inseguita nei personalismi delle avanguardie artistiche, dunque, e nemmeno nelle suggestioni del mondo della macchina, ma evocata attraverso la semplificazione, il realismo costruttivo. Lontani dai protagonismi delle avanguardie, i giovani architetti romani rifiutavano  quella componente ideologica che si è rivelata la parte più fragile  del Movimento Moderno.
Oggi queste case restano , nonostante l’incuria , tracce durevoli  di  una solida tradizione moderna romana: un’eredità che va    ricostruita ricomponendo i frammenti che una storiografia arrogante   ha relegato tra i fenomeni provinciali (la storia, si sa, anche in architettura, è scritta dai vincitori) .
Tracce  che dimostrano ,contro un’ opinione radicata da tanti guasti recenti,  che non tutto quello che a Roma è stato prodotto di nuovo è stato costruito contro la città; che l’intelligenza, come  la buona architettura  non é sempre destinata al fallimento. Anche in una città cinica come Roma.
Per questa ragione le case del Lotto 24 vanno protette : esse debbono testimoniare, come  segno di ottimismo verso la città futura,  un ricordo e un’attesa.

ALESSANDRO ANSELMI arte e figure della modernità

locanselmi

nuovo corso di laurea triennale in scienze dell ’architettura
laboratorio di lettura e progetto dell ’architettura

ALESSANDRO ANSELMI
arte e figure della modernità

Ciclo di conferenze del nuovo corso di laurea triennale in scienze dell ’architettura

Introduce
Giuseppe Strappa

Intervengono
Paola Veronica ell ’Aira
Alfonso Giancotti
Luca Reale

lunedì 19 dicembre,2011,ore 12,00
Facoltà di Architettura,sede di Valle Giulia
via A.Gramsci 53,Aula Fiorentino

Organizzazione
Alessandro Camiz

Segreteria
Alessandro Bruccoleri,Pina Ciotoli,Virginia Stampete,Endriol Doko