UN PROGETTO LUNGO UN SECOLO

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Un libro sull’opera architettonica dello Studio Passarelli

di Giuseppe Strappa

in “Corriere della Sera” del 11.04.206

Vera epopea architettonico-familiare che accompagna per intero la formazione della Roma moderna, la ricerca dello Studio Passarelli ha captato, per un secolo, i cambiamenti del tempo che scorre attraverso un eclettismo versatile e vorace, pienamente immerso nella pratica, nel tumulto concreto della città e dell’esistenza che si trasforma.
Un ponderoso volume appena uscito per i tipi dell’Electa e curato da Ruggero Lenci, documenta quest’opera secolare e la sua incredibile diffusione in ogni angolo della città.
La storia inizia nel 1899, quando il fondatore e capostipite Tullio, sulla scia del maestro Gaetano Kock, costruisce l’Istituto De Merode in piazza di Spagna e poi una serie di solide costruzioni neoromaniche: le chiese di S.Teresa a corso d’Italia, di S. Camillo in via Piemonte, dei Monfortani in via Sardegna. Opere dove l’adesione ad una lingua comune permette l’immediata comprensione dell’innovazione individuale. Lo dimostra l’esempio, straordinario, della Borsa in piazza di Pietra, a ridosso delle colonne, esposte come una reliquia, del Tempio d’Adriano. Qui lo spazio del cortile centrale, annodato dalla copertura trasparente, si trasforma in nucleo spaziale dell’edificio, interpretando uno dei processi fondamentali del passaggio al moderno nell’architettura romana.
Da allora, in un viaggio irto di pericoli che attraversa gli anni del barocchetto, del razionalismo,  del boom edilizio e arriva ai nostri giorni, i Passarelli riescono a non naufragare nel pragmatismo sbrigativo dei grandi studi professionali.  Al contrario, un’ingegnosa disponibilità permette loro, in qualche caso, di comprendere appieno lo spirito del tempo e darne un’espressione folgorante.
Succede nel ’50 quando, con  Paniconi e Pediconi, realizzano quella sede dell’IMI in via delle Quattro Fontane che rimane un esempio d’integrazione non mimetica del moderno nel tessuto consolidato.
E poi nel ‘64, quando, in via Campania, a ridosso delle mura Aureliane, producono un intervento imprevedibile, di segno opposto, considerato tra i capolavori assoluti della Roma contemporanea, fatto di discordanze e rotture, di solidi volumi assemblati su un prisma di vetro. “Schönberg a via Campania”, ne saluta l’apparizione Bruno Zevi, entusiasta.
Quest’ acrobatica apertura al molteplice permette di assecondare le richieste di committenze diversissime, ma anche di accogliere i tanti contributi che si fondono nei loro progetti: dei Quaroni, Piccinato, Anselmi, degli studi Valle e Transit.
Come mostrano le immagini in sequenza del libro, la vicenda dei Passarelli, esposta ai conflitti e agli scacchi di un mondo contraddittorio, non si svolge (non può svolgersi) in modo lineare. Distanti dal timone della teoria, ma anche liberi dai suoi gravami, Tullio, Vincenzo, Fausto, Lucio sono riusciti, a volte, dove molti sussiegosi pensatori hanno fallito: a cogliere l’attimo senza perderlo in generalizzazioni, convinti che non esista una sola verità e che la strada, in architettura come nella vita, possa anche procedere per intuizioni, discontinuità e frammenti.

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