L’ARREDO URBANO E L’ARTE DI COSTRUIRE LE CITTA’.

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di Giuseppe Strappa

in “La Repubblica” del  2.10.1991

“Arredo urbano” è forse una delle locuzioni   più  ambigue che la cultura   architettonica contemporanea    abbia coniato: contiene il concetto insidioso di “guarnire un ambiente”, insinua subdolamente l’idea che le piazze e i giardini nelle città siano una sorta di salotti buoni da abbellire con oggetti di consumo. Alludendo  ad un provvisorio e sovrapposto  decoro , esso  testimonia nella  lingua  il degrado che subisce ai nostri giorni l’arte di costruire le città , l’abbandono di quel  processo continuo  di formazione  dello spazio urbano  capace di  assimilare  le necessarie  novità : il lampione, l’edicola, la fontana disegnati con sapienza e chiamati semplicemente con i loro bei  nomi.  Non a caso nella letteratura sull’argomento spesso lo si incontra con il suo puntuale pendant : la beautyfication,    altro terribile neologismo che ha fatto di recente irruzione nella pubblicistica di architettura e che significa, più o meno, cosmesi  dell’immagine.
Questa breve e personale nota  architettonico-lessicale in margine alla mostra  La capitale a Roma: città e arredo urbano dal 1870 al 1990  appena inaugurata al Palazzo delle Esposizioni, costituisce in realtà  una fuorviante introduzione ai materiali esposti . I contenuti  della mostra rispecchiano  infatti  raramente il titolo: rilevata l’ambiguità  (si veda il lucido scritto  di Corrado Terzi nel catalogo edito da Carte Segrete) percorrono in genere, per nostra fortuna,  itinerari più vasti e avventurosi dove l’interesse prevalente sembra essere   lo spazio della città, la scena urbana. Tema di  titanica complessità: uno sterminato racconto  che si potrebbe far iniziare  con la formazione del sistema di grandi piazze a cavallo delle mura, quando la città ormai  si affacciava a Porta Maggiore, a Porta Ostiense, a Porta San Giovanni  a interrogare  il suo  incerto futuro di periferie . Per proseguire con il dramma  degli “isolamenti”, dei “diradamenti” dei tessuti antichi, degli sventramenti otto-novecenteschi che hanno abbandonato nel loro percorso angoli deformi di città, veri   relitti urbani. Oppure spazi dilatati, di pedante vocazione oratoria ai cui margini si sono spesso raccolti  altri spazi dalla grazia sommessa e domestica: piazze esigue come cortili dove la modesta, appartata invenzione di una fontana o  la secca arguzia di una testa di fauno (disegnati secondo il gusto per l’aneddoto minuto e imprevedibile  di tanta edilizia “minore” romana) evitano agli abitanti la desolazione dell’anonimato . Scenografie qualche volta  da operetta che pure sdrammatizzano, vivaddio, la tenace inclinazione al sublime , verso la quale sembrano  scivolare, come per vocazione, gli spazi romani.
Poi la città fascista. Che non fu solo sinistro antagonismo tra Geometria e Storia, ma anche  gelida, enigmatica  eleganza : i porticati dell’Eur, i piazzali del Foro Italico, i viali della Città Universitaria. Ed anche, perchè no, il patrimonio dimenticato di studi per le sistemazioni delle aree centrali che generarono spesso esiti  infausti (si veda il caso esemplare di piazza Augusto Imperatore)  soprattutto per la miopia dei politici.
E poi ancora le periferie dissennate della Ricostruzione, i prati sudici  cantati da Pasolini, le vecchie osterie con i pergolati polverosi, naufragate nel mare dei casermoni; ma anche il monumento delle Fosse Ardeatine, capolavoro e simbolo dell’architettura romana del dopoguerra, al quale peraltro Bruno Cussino dedica  un immotivato, inaccettabile    insulto nell’introduzione al catalogo.
E il boom economico , l’abbandono di ogni speranza di una dimensione civile  dello spazio pubblico, la fiammata dell’effimero,  fino alle illusioni  degli anni ’80 , all’euforia ottimista e contagiosa che ha  coinvolto architetti di ogni tipo ,professionisti , studenti , docenti , impiegati della pubblica amministrazione, in  uno sforzo generoso che ha prodotto un’ immane quantità di progetti, disegni, proposte, programmi, piani. Non lasciando quasi alcun segno sulla città.
Infine, comune a tutte le epoche, la cognizione inquietante del sottosuolo carico di storia, l’ubiquità del tenebroso splendore delle viscere della città, che ogni tanto affiorano come un’apparizione   a largo Argentina, come  tracce preziose tra i vicoli del Ghetto o nei prati delle periferie  : rovine auguste e indifese  di fronte alle quali parlare di “arredo” sembra un’ ingiuria volgare.
Il   materiale al quale la mostra attinge con risultati a volte spettacolari è,  come si vede , un magma  affascinante di smisurata vastità . Di fronte al quale, va detto, alcuni settori stentano a trovare un proprio centro (si veda l’erratico assortimento di temi in alcune delle sezioni storiche). Ma il vero significato della mostra è forse riposto  nei suoi vuoti : invano  si cercherà un accenno allo SDO, un disegno che riguardi la costruzione reale dei  grandi interventi per  Roma capitale, un’impennata di concretezza e orgoglio civile  che non renda inutile la lezione del passato.

Esami prof. Strappa

L’esame del laboratorio 2 del prof. G. Strappa
si terrà LUNEDI’ 7 MARZO 2011
dalle ore 15,00
in aula 1

per sostenere l’esame occorre registrarsi sul portale INFOSTUD
https://stud.infostud.uniroma1.it:4445/Sest/Log/Corpo.html

si raccomanda, per una eventuale mostra dei lavori, di portare all’esame, oltre al book di tutte le esercitazione e degli schizzi preparatori,  un DVD o CD ROM contenente  tutte le tavole d’esame nel loro formato (A1), non i DWG di autocad o il PDF, ma una immagine raster della tavola in formato JPEG o TIFF a colori (300 dpi) e scrivendo sulla copertina il proprio nome, corso, seminario, titolo progetto, email e telefono.

Esami Strappa

L’esame del laboratorio 2 del prof. G. Strappa
si terrà VENERDI’ 25 FEBBRAIO 2011
dalle ore 10,00
in aula 9

per sostenere l’esame occorre registrarsi sul portale INFOSTUD
https://stud.infostud.uniroma1.it:4445/Sest/Log/Corpo.html

si raccomanda, per una eventuale mostra dei lavori, di portare all’esame, oltre al book di tutte le esercitazione e degli schizzi preparatori,  un DVD o CD ROM contenente  tutte le tavole d’esame nel loro formato (A1), non i DWG di autocad o il PDF, ma una immagine raster della tavola in formato JPEG o TIFF a colori (300 dpi) e scrivendo sulla copertina il proprio nome, corso, seminario, titolo progetto, email e telefono.

Terza esercitazione caratteri tipologici corsi A e B

Il tessuto edificato di San Lorenzo, pur essendosi formato al di fuori di ogni pianificazione e per logiche speculative, risente dell’impostazione urbanistica ottocentesca con una maglia ortogonale che ha generato isolati composti da parcelle in linea. L’area di intervento è definita dagli assi stradali di via dei Reti, via dei Sabelli e via dei Volsci, ed è costituita da edilizia frammentata di scarsa entità. Nella vigente pianificazione, è prevista l’apertura di una nuova strada, parallela a via dei Reti, per potenziare il collegamento fra lo scalo San Lorenzo e Piazzale del Verano. Si verrebbe così a configurare isolato, che supponiamo sgombro da preesistenze, da edificare, in continuità con il tessuto del quartiere, con tipologie a linea.

1) Nella prima parte dell’esercitazione bisogna individuare il percorso matrice considerando che Via dei Sabelli è una strada consolidata e con alcune attività commerciali e che sulla strada di previsione verrà spostato la maggior parte del traffico veicolare. E’ possibile considerarle entrambi come percorso matrice.

2) La seconda fase (impianto) comporta la saturazione con tipologie in linea dei percorsi ortogonali a Via dei Reti

3)Terza fase di edificazione sul percorso di collegamento tra i diversi percorsi di impianto. (solo se si identifica un solo percorso matrice)

4) La quarta fase edificatoria riguarda la specializzazione delle tipologie in linea d’angolo. In seguito alle scelte operate sono possibili più soluzioni. Nel caso in cui sia stato scelto di attribuire a entrambi i percorsi (via dei Reti e la strada di previsione) la valenza di percorsi matrice le soluzioni d’angolo risentiranno di questa scelta di impostazione tendendo a comportarsi in maniera simmetrica rispetto l’asse verticale dell’isolato. Nel caso opposto, dando valenza di percorso matrice o a via dei Reti o alla strada di nuova edificazione, le soluzioni d’angolo risentiranno delle preesistenze (fase 3) dando vita a soluzioni più variate.

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Seconda esercitazione caratteri tipologici corsi A e B

Scopo dell’esercitazione è l’applicazione delle nozioni di processo e organismo aggregativo acquisite nel primo ciclo di lezioni. L’area oggetto dell’esercitazione è quella di piazza della Moretta lungo via Giulia a Roma in una zona inedificata risultante da demolizioni avvenute nel 1931. Si ipotizza di ricucire il tessuto mediante la riedificazione di due degli isolati demoliti secondo la loro configurazione planimetrica ante 1931. Il tessuto, fortemente densificato è composto oggi da case a schiera, pseudoschiera e palazzi, deriva dal processo di trasformazione delle domus con cui si ritiene fosse edificata gran parte dell’ansa del Tevere nella zona libera dai resti degli edifici specialistici di epoca romana. Si dovrà eseguire la riprogettazione di tali isolati partendo dalla supposta permanenza del sostrato tipologico delle domus anche dopo la costruzione del tracciato cinquecentesco di via Giulia rispetto al quale i percorsi di adduzione al fiume sono precedenti. Gli isolati sono così definiti da vicolo delle prigioni, da vicolo della padella e da vicolo dello Struzzo (da pensare ricostituiti). Si possono riutilizzare i criteri di alcune esercitazioni eseguite in precedenza, con l’avvertenza che le aree sono ora leggermente irregolari.
Si tenga conto, in proposito, che l’edificazione delle domus avviene prevalentemente attraverso pareti murarie ortogonali o parallele ai percorsi di accesso fatto salvo il fronte su via Giulia che, in quanto percorso di ristrutturazione, ha il fronte non ortogonale ai muri interni alle abitazioni. Queste peraltro, in virtù dell’importanza di via Giulia, assumeranno carattere speciale (palazzetti, alberghi ecc.). Anche il fronte opposto, verso il Tevere, (sul proseguimento di via della Bravaria) presenta irregolarità planimetriche dovute al percorso lungofiume, imponendo delle varianti tipologiche.

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In definitiva, supposta come data la lottizzazione degli isolati composti da recinti di domus con un fronte di 15m circa (3 cellule), si devono prevedere seguendo la griglia allegata, le seguenti fasi:

1.Prima fase: edificazione secondo il tipo con le relative varianti sincroniche da posizione. Si tenga conto dell’isorientamento delle domus ma anche se del caso, del prevalere della gerarchia dei percorsi e delle varianti da posizione (fronti ed angoli su via Giulia).

2.Seconda fase: utilizzo del fronte. Tabernizzazione.

3.Terza fase: incremento delle cellule su un margine.

4.Quarta fase: Completo addossamento delle cellule sui muri del recinto (densificazione): Insulizzazione e formazione delle pseudoschiere con apertura del recito

Nella dalla quarta fase si introduce ovviamente l’aggiornamento e trasformazione del tessuto alle condizioni contemporanee con:

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a.    Introduzione di tipi edilizi aggiornati ed adatti ad un tessuto fortemente densificato in alcune parti.  Si può prevedere una trasformazione dei parte del tessuto in case in linea o in palazzo.
b.    Previsione di eventuali spazi pubblici in corrispondenza di eventuali servizi.
c.    Impiego di materiali e tecniche costruttive contemporanee e congruenti col luogo.
Non è necessario disegnare entrambi gli isolati (uno dei due può essere solo accennato).

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Le scale da impiegare e il livello di approfondimento sono a discrezione dello studente, purchè venga rispettato il formato usuale delle tavole (A3).
Si può montare la planimetria definitiva sulla planimetria che trovate in questa pagina (rilievo dei piani terreni – cliccare sul disegno e poi ingrandire).

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