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ARCHITETTURA A FIUMICINO

di Giuseppe Strappa

in «Corriere della Sera» del  16.09.2002

Sta per essere completato il nuovo municipio di Fiumicino nel nodo urbano tra la stazione ferroviaria e la via Ostiense destinato a divenire il centro pulsante del nuovo Comune.
Come ogni architettura che svolga fino in fondo il proprio ruolo civile, quest’opera dovrebbe essere considerata, ritengo, con attenzione perché pone domande e indica soluzioni generalizzabili. Nel disastro urbano di un luogo tanto simile a molte periferie romane, dove i frammenti sparsi (il ponte, i magazzini, i supermercati) si mostrano refrattari a qualsiasi sintesi, il nuovo municipio, le cui linee spezzate sembrano partecipare alla generale anarchia, possiede in realtà un carattere inaugurale, fonda un nuovo equilibrio basato sulla forza accentrante del disegno della piazza.
Il “foro” di Fiumicino sembra prendere per i capelli il disordine dell’intorno, costringendo una moltitudine di lacerazioni edilizie a riconoscersi in una nuova centralità, favorito in questo dall’impiego ossessivo di uno stesso materiale: i mattoni, posti di piatto ad indicare la propria funzione di semplice rivestimento, formano un’unica superficie continua che si piega a sagomare il piano inclinato della piazza, copre la sala consiliare, riveste le facciate che lasciano intravedere i lucidi uffici in alluminio e vetro, fino a modellare le coperture.
La costruzione, eliminata la torre del progetto originale che creava problemi al traffico del vicino aeroporto, ha guadagnato le proporzioni di uno spazio dilatato, dove le facciate che fanno da fondale scenografico al piano inclinato della piazza, inclinate esse stesse, forniscono, quasi attraverso una falsa prospettiva, l’illusione di dimensioni monumentali, di una dura macchina barocca arenata alle foci del Tevere il cui pathos fa perdonare i tanti francesismi del vocabolario impiegato.
Uno spazio tanto romano, anzi, da non sembrare inventato dalla fantasia dell’architetto, ma come “preformato” nella memoria della città, nell’attesa di riemergere con i mezzi dell’architettura contemporanea.
L’autore, Alessandro Anselmi, sembra riflettere, in quest’impresa della maturità, sulle sue esperienze francesi (il municipio di Rezé, il terminal della metropolitana di Rouen) facendo ricomparire, dietro la filigrana del linguaggio internazionale, il sostrato profondo di un dialogo con la storia iniziato negli anni ’60. Per questo, forse, il nuovo municipio sembra prendere le distanze tanto dalle trovate spettacolari oggi di moda, quanto dalle imitazioni di un passato alla Disneyland che, da queste parti, trovano interpretazioni particolarmente disinvolte, come la folla di falsi capitelli e imitazioni di mosaici antichi del nuovo “Porto romano”.
Forse la cascata di gradini del municipio, che sotto lo sguardo dell’Enea scolpito da Attardi si restringe progressivamente fino a fondersi in una parete verticale, susciterà qualche accigliata considerazione sulla follia degli architetti, ma nel tempo diverrà il segno mediatico di un’opera alla quale si chiede il non facile ruolo di simbolo e polo civile del nuovo Comune.

ALESSANDRO ANSELMI arte e figure della modernità

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nuovo corso di laurea triennale in scienze dell ’architettura
laboratorio di lettura e progetto dell ’architettura

ALESSANDRO ANSELMI
arte e figure della modernità

Ciclo di conferenze del nuovo corso di laurea triennale in scienze dell ’architettura

Introduce
Giuseppe Strappa

Intervengono
Paola Veronica ell ’Aira
Alfonso Giancotti
Luca Reale

lunedì 19 dicembre,2011,ore 12,00
Facoltà di Architettura,sede di Valle Giulia
via A.Gramsci 53,Aula Fiorentino

Organizzazione
Alessandro Camiz

Segreteria
Alessandro Bruccoleri,Pina Ciotoli,Virginia Stampete,Endriol Doko

 

ALESSANDRO ANSELMI, LA SCOPERTA DELLA LEGGEREZZA

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di G. Strappa

in «Corriere della Sera» del 12.03.2004

Architetto romano alla soglia dei settant’anni, Alessandro Anselmi è stato protagonista di una vicenda intellettuale esemplare, per molti versi, della travagliata ricerca di una via all’architettura contemporanea originale e, insieme, radicata nella nostra cultura,
Una ricerca iniziata negli anni ‘60, quando, all’interno del GRAU (Gruppo Romano Architetti e Urbanisti) sperimentava ingegnosi ordigni concettuali che avevano esito in forme misteriose e complesse, dove riaffioravano i segni di una classicità evocata con struggente nostalgia, impossibile da ricostruire nella sua unità e destinata a spezzarsi, nell’alveo più consolidato della tradizione romana, in frammenti da ricomporre.
Esperimenti solitari, piranesiane archeologie d’invenzione che fissavano implacabili leggi geometriche cui obbedire con lo scrupolo dell’ossessione. Era, quello del GRAU, un mondo confinato, una struttura chiusa, di un’eleganza macchinosa e anelastica, a volte incline ad una gravità quasi funeraria della quale rimane, monumento straordinario e celebratissimo, il cimitero costruito nella cittadina di Parabita. Questo sistema infinitamente astratto (Isti mirant stella era il motto di uno dei loro progetti più riusciti) che sembrava dare un rigido ordine al pensiero, predisponeva inaspettatamente a cogliere anche il lato composito, lacerato ed ambiguo del reale.
E da questo mondo, infatti, Anselmi sembra emergere negli anni ’80 scoprendo, improvvisamente, la leggerezza. Una rivelazione coltivata con furore, che genera le scenografie curvilinee del municipio di Rezé les Nantes, le superfici piegate del centro per uffici di Pietralata, del municipio di Fiumicino, dove una stessa parete sembra flettersi a formare la piazza, le pareti verticali, le coperture secondo un estro nuovo nel quale l’uso unificante e spettacolare del disegno risulta, a ben guardare, profondamente barocco. Con, in più, quel pizzico di romanesca ironia che permette di mantenere un distacco vitale dagli oggetti: quella leggerezza, appunto, che non è superficialità, ma un modo di comprendere in forma agile e sintetica l’essenziale delle cose evitando il gravame di farraginosi significati.
Nella sua fertile e attivissima maturità Anselmi, pur attento al panorama internazionale, non si è lasciato sedurre dalle mode, dal “mal francese” che rende provinciale anche una grande capitale dell’architettura come Roma alla quale pure hanno attinto i protagonisti della vicenda contemporanea, da Louis Kahn a Robert Venturi. Al contrario, come un abile funambolo in bilico sopra il magma indistinto del consumismo universale, Anselmi è riuscito ad esportare la propria ricerca, dimostrando come oggi occorra pensare globalmente ma agire mantenendo ben salde le proprie radici.
La grande mostra organizzata dal DARC sull’opera di Alessandro Anselmi che si inaugura oggi, venerdì, 12 marzo, al MAXXI di via Guido Reni, costituisce, dunque, non solo l’omaggio doveroso che la cultura architettonica romana riserva ad uno dei suoi esponenti più significativi ma, si spera, anche un segnale.

MATERIA MATERIALE COSTRUZIONE

SAPIENZA, UNIVERSITA DI ROMA FACOLTA DI ARCHITETTURA “VALLE GIULIA” MATERIA MATERIALE COSTRUZIONE

Inaugurazione della mostra dei lavori del Laboratori di Sintesi finale del prof.Giuseppe Strappa: Lettura e progetto dell’organismo urbano di Castel Madama a.a. 2007/8

Introduce      Benedetto Todaro preside della Facoltà di Architettura “Valle Giulia” Presentazioni di Michele Civita, assessore alle Politiche del Territorio e Tutela Ambientale della Provincia di Roma Giuseppe Salinetti sindaco di Castel Madama Conferenza di Alessandro Anselmi Coordina      Giuseppe Strappa Intervengono:  Carmen L. Guerrero (University of Miami), Franco Cervi   (presidente della Co.Tra.L. Compagnia Trasporti Laziali) i coordinatori dei seminari del Laboratorio: Alessandro Camiz, Paolo Carlotti, Alessandro Franchetti Pardo, Nicola Saraceno Martedì 20 gennaio 2009, alle ore 9,30 Aula Fiorentino Facoltà di Architettura “Valle Giulia” via A. Gramsci 53, Roma mostra a cura di Alessandro Camiz allestimento di Alessandro Franchetti Pardo