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G.STRAPPA, M. IEVA, N. MARZOT – THE ITALIAN SCHOOL OF PROCESS MORPHOLOGY. ROOTS, METHODS AND FUTURE DEVELOPMENTS

G.STRAPPA, M. IEVA, N. MARZOT

THE ITALIAN SCHOOL OF PROCESS MORPHOLOGY.
ROOTS, METHODS AND FUTURE DEVELOPMENTS

In  SAJ, s e r b i a n a r c h i t e c t u r a l j o u r n a l, VOL.15, 2023  Editor Vladan Djokić

 

 

 

A. THE ORIGINS OF THE MORPHOLOGICAL STUDIES IN ITALY
Giuseppe Strappa
Particularly in the current conditions, I believe, it could be useful to go back to reflecting on the roots of morphological studies in Italy as they are, in fact, the evidence of a concrete approach to the architectural design based on logical and didactically transmissible bases. These studies were aimed, especially in the Roman School, at the formation of general and shared methods derived from the reading of built reality and were aimed at the positive study of how it could be transformed. Studying them is useful, precisely in a period like the present one in which, on the one hand, morphology studies are gradually assuming an increasingly abstract and independent drift from design and, on the other, professional practice is aimed, instead, at the marketing of architecture through interpretations based on the perception and spectacular communication of the results.
The studies from which the researches on the formative processes of the urban form in the Italian area have been developed are above all known, abroad, through the texts of Gianfranco Caniggia. It is also known that these derive from the teachings of Saverio Muratori, whose texts, however, are less known for having never been translated into English. Even less known is the fact that the origin of this school of thought dates back much earlier, at least to the interwar period and to the studies of innovators such as Gustavo Giovannoni, Giovan Battista Milani, Enrico Calandra and others. The common thread that binds these researches, developed largely through teaching in the Faculty of Architecture, is the “reading” of the built reality which not only has the project as its aim but, in many respects, is itself a project.

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U+D n.20 TERRITORIO E CITTA’ – Editoriale

 Leggere il territorio.
Prendersi cura del territorio

Giuseppe Strappa

Una riflessione responsabile sulla trasformazione della nozione di territorio, credo, dovrebbe oggi tener conto due condizioni fondamentali.
La prima è la percezione sincronica che abbiamo del mondo costruito, in un contesto dominato dal presente. Percorsi, insediamenti, aree produttive, fanno tutti parte di uno stesso ambiente contemporaneo, le cui ragioni formative sembrano appartenere a un insieme di problemi distanti dalla vita reale. In questa compresenza di tutte le cose, le città coesistono, indistinte, col loro hinterland, col territorio che le circonda e che dovrebbe spiegarle, con le infrastrutture che le annodano.
Sulla constatazione che città e territorio siano, di fatto, la stessa cosa si è sviluppata un’intera letteratura, almeno a partire dall’idea proposta da La città in estensione di Giuseppe Samonà (1976). Punto di vista allora senz’altro utile, ma oggi inattuale per non tener conto della progressiva urbanizzazione di ogni area del nostro pianeta (con le relative polarizzazioni e marginalizzazioni) che forse è la vera chiave di lettura di un fenomeno di concentrazione che sembra contraddire i miti della delocalizzazione in un nuovo universo digitale.
Soprattutto, questa nuova visione sincronica della realtà costruita sembra del tutto estranea alla lettura del divenire storico del territorio. Lettura, ritengo, fondamentale e non eludibile, a partire dalla considerazione elementare che ogni fenomeno si spiega con la sua origine e trasformazione: prima l’uomo si
muove, cammina, migra, traversa crinali e fondovalle di luoghi dei quali acquista coscienza attraverso la reiterazione dei percorsi, quindi si ferma, stabilisce le aree di pertinenza di una comunità (aree culturali) e costruisce gli insediamenti.

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