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Nicola Scardigno – Forma in divenire

 

NICOLA SCARDIGNO

FORMA IN  DIVENIRE

Un pensiero critico e una conversazione
con Giuseppe Strappa

Prefazione di Jörg Gleiter
Postfazione di Matteo Ieva

INDICE
PREFAZIONE di Jörg Gleiter
SPAZIO O ARTE DELLA DELIMITAZIONE
CONVERSAZIONE CON GIUSEPPE STRAPPA
Parte 1 – Il progetto come processo circolare
Parte 2 – Didattica come “Architettura insegnata”
GIUSEPPE STRAPPA: POETICA DELL’EPOCHÈ E
FORMATIVITÀ DELL’ARCHITETTURA
Postfazione di Matteo Ieva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tre questioni sul rilievo

 

U+D  Editoriale n.19 – Strappa (1)

editoriale n.19

Tre questioni sul rilievo

Il modo nel quale questo numero della rivista si occupa del problema del rilievo (degli edifici, della cittá, del territorio), non riguarda solo la documentazione e la descrizione delle forme che la realtà costruita presenta ai nostri occhi.
Crediamo che esso si ponga, per l’architetto, soprattutto come questione di conoscenza e di rappresentazione di quella conoscenza. Due termini di difficile conciliazione.
1. Il rilievo e la raffigurazione oggettiva della realtà. Il problema di ogni rilievo è il rapporto di impossibile coincidenza tra le forme del costruito reale (le stratificazioni
degli organismi urbani, l’annodarsi e dipanarsi di percorsi di crinale
e fondovalle) e la loro descrizione grafica, ovvero la presunzione di esattezza di piante, mappe, carte geografiche, incerte e parziali anche quando sono
tracciate con i più sofisticati strumenti digitali. Non è una questione nuova. È, in fondo, l’eterno problema della geografia culturale posto da Alexander von Humboldt, per il quale non basta rappresentare su un piano nazioni e continenti.
Occorre descrivere, piuttosto, la vita che si svolge sulla crosta terrestre, l’intrico della vegetazione delle foreste e l’ordine delle coltivazioni, le famiglie di animali selvatici e quelle delle specie domestiche, il succedersi delle generazioni degli uomini e i meandri misteriosi di fiumi solo in parte esplorati. “Il risultamento più importante d’uno studio razionale della natura – scriveva
– quello si è di afferrare l’unità e l’armonia in così immensa farragine di cose e di potenze, d’abbracciare con pari ardore ciò ch’è dovuto alle scoperte dei secoli trascorsi ed a quelle del tempo in cui viviamo”. Humboldt introduce,
nella geografia immobile di metà ’800, il tempo che scorre. Eppure, nonostante i suoi viaggi in ogni contrada del mondo, il risultato, i cinque monumentali volumi del suo Cosmos, è destinato al fallimento. Le sue meravigliose mappe, che intendono catalogare e portare a unità il caos della vita che pullula sul pianeta trasformandola in una ordinata tassonomia, sono, insieme, un laboratorio di forme e una composizione intellettuale, piuttosto che che una sistematica descrizione dell’oggetto di studio. Perché è proprio questo il centro del problema. È nel tentativo di classificare, catalogare, ordinare le forme del suolo naturale o trasformato dalla mano dell’uomo che la realtà rivela la sua irriducibile complessitá, il suo sostrato enigmatico. È il problema irrisolvibile del rilievo e, insieme, quello della morfologia urbana.

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